domenica 28 novembre 2010

pollo al sale

La cottura al forno in crosta di sale è una delle più sane e rende i cibi particolarmente appettibili perché il sapore non si disperde ma rimane all'interno: per quanto riguarda il pollo poi, il grasso viene assorbito dal sale lasciando però la carne molto morbido.
Nel mio caso ho utilizzato un pollo nostrale, fornito dallo " zio Martino" il nostro fornitore di buone prodotti a km 0, la cui carne rimane sempre ben soda.

1 pollo di circa 2 kg e mezzo
4 kg di sale grosso
sapori vari

  • cospargere l'interno del polo con un tritto di salvia, rosmarino, pepe e sale,
  • coprire il fondo di una teglia di sale grosso,
  • adagiare il pollo e cominciare a coprirlo con il sale grosso,
  • cuocere in forno, caldo a 200° per circa un'ora e trenta,

  • dopo la cottura togliere tutto il sale e servire il pollo con un contorno a piacere,
  • in questo caso ho alternato il puré di patate con spinaci frullati.

 
con questa ricetta partecipo al contest " Menu di Natale "  di " La cucina di Antonella"


giovedì 25 novembre 2010

torta all'arancia e mandorle

Ogni tanti, anzi spesso, mi prende una voglia irrefrenabile di dolci, siano essi al cucchiaio, ricchi di creme e panna o più banalmente una  torta semplice semplice ma soffice, delicata e con il sapore di "casa" che è quel non so ché che ti fa sentire in pace con te stessa e con gli altri.
Ebbene, l'altro giorno mi è preso uno struggente desiderio di torta al profumo di arance: sarà il tempo che ormai volge all'inverno, l'aria di Natale che prepotentemente e, forse con troppo anticipo, si respira già sta di fatto che frugando tra le tante ricette, i libri, i ritagli di giornale, questa ricetta l'ho trovata nella  sempre affidabile "Enciclopedia della cucina italiana" .


75 gr ( 25 gr di frumina 50 gr di farina grano tenero 00)
125 gr di mandorle
20gr di burro
4 uova
2 arance biologiche
125 gr di zucchero
1/2 bustina di lievito per dolci
1 cucchiaino di cannella in polvere

  • grattugiare la scorza delle arance,

  • spremerne il succo ( nel caso di arance molto grosse usare il succo di una sola arancia),
  • lavorare le uova con lo zucchero sino ad avere ottenuto un composto chiaro e spumoso,
  • unire la scorza delle arance,


  • tritare le mandorle,


  • mescolare il succo delle arance con le mandorle tritate,


  • unire il tutto alle uova,


  • aggiungere, poco ala volta la farina ed il lievito,

  • infine unire i bianchi d'uovo montati a neve,
  • imburrare una teglia di diametro di cm 24, versare il composto,
  • cuocere al forno preriscaldato a 180° per 40 minuti,
  • spegnere il forno e fare raffreddare per 10 minuti,

  • sfornare e cospargere con zucchero a velo e una piccola spolverata di cannella.









con questa ricetta partecipo al contest "Gli agrumi" di "Il ricettario di Cinzia"



mercoledì 24 novembre 2010

filetto ai funghi porcini

Il filetto è una parte della lombata, cioè la parte bassa della schiena dell’animale, subito sopra le cosce, si presenta come un cono allungato e stretto, di cui la parte più larga è quella più magra e pregiata.

Tenerissimo, il filetto è uno dei tagli meno grassi di ognuno degli animali da cui si ricava: ben si presta, quindi, ad essere servito con salse ed intingoli, proprio per compensarne la moderatezza. Ottimo anche crudo, alla tartare o appena scottato nelle tagliate, presenta un gusto diverso in funzione della sua natura.
Sulle nostre tavole troviamo il filetto di vitello, di vitellone e di manzo, la differenza consiste nell’età del vitello e nel fatto che l’ultimo è castrato. Il più pregiato è quello di vitellone, per il perfetto equilibrio di grassi e sapori. Più economico, ma ugualmente di primissima scelta, è il filetto di maiale, carne erroneamente ritenuta grassa.
Dovendo preparare una ricetta che non indichi quale filetto acquistare o nel caso si stia creando qualcosa di nuovo, occorre considerare che il sapore della carne è più marcato (restando comunque nell’ordine del delicato) nella scala vitello, maiale, vitellone, manzo. La tenerezza, invece, è più alta nel primo e scende verso il manzo. Filetto di vitello e maiale sono praticamente interscambiali tra loro.
Dopo questa "dotta" disquisizione sul filetto voglio proporre una ricetta semplice ma di grande effetto e di gusto  "robusto" per la presenza di aromi dal profumo intenso uniti alla fragranza dei funghi porcini.

per 4 persone

4 fette di filetto dallo spessore di circa 2 cm
60 gr di funghi porcini secchi
3 cucchiai di olio di oliva
rosmarino
aglio
bacche di ginepro
sale q.b.
  • fare un trito con il rosmarino, l'aglio, le bacche di ginepro ed il sale,



  • aprire a libro le fette di filetto, cospargere l'interno con il trito,



  • richiudere, salare  e adagiare sopra i funghi cotti in questo modo qui, sino al punto in cui va aggiunto il pomodoro,


  • formare un pacchetto con la carta da forno,


  • cuocere in forno a 180° per corca 20 minuti,
  • aprire il cartoccio, raccogliere il sughetto con il quale verrà irorato il filetto una volta servito con un contorno a piacere.




con questa ricetta partecipo alla raccolta " Mario's Mushroom"  di " Pan di ramerino"


giovedì 18 novembre 2010

torta di carciofi

Con l'inizio della stagione invernale il carciofo, cucinato in tutti i modi, diventa il re della mia tavola.
Prima di postare la mia " Torta di carciofi" mi piace scrivere alcune note su questa verdura, anche perché è importante conoscere le caratteristiche e la storia di ciò che mettiamo in tavola.
La pianta del carciofo, chiamata Cynara, era già conosciuta dai greci e dai romani, che le attribuivano poteri afrodisiaci: prende il nome da una ragazza sedotta da Giove e quindi trasformata da questi in carciofo.
Nel secolo XV il carciofo era già consumato in Italia: venuto dalla Sicilia, appare in Toscana verso il 1466. Nella pittura rinascimentale italiana, il carciofo è rappresentato in diversi quadri: "L'ortolana" di Vincenzo Campi, "L'estate" e "Vertumnus" di Arcimboldo.

La tradizione dice che fu introdotto in Francia da Caterina de' Medici, la quale gustava volentieri i cuori di carciofo. Sarebbe stata costei che lo portò dall'Italia alla Francia quando si sposò con il re Enrico II di Francia. Luigi XIV era pure un gran consumatore di carciofi.
Gli olandesi introdussero i carciofi in Inghilterra: abbiamo notizie che nel 1530 venivano coltivati nel Newhall nell'orto di Enrico VIII.
I colonizzatori spagnoli e francesi dell'America introdussero il carciofo in questo continente nel secolo XVIII, rispettivamente in California e in Louisiana.


Il carciofo, in base alla presenza e allo sviluppo delle spine, si distingue fra varietà spinose e inermi: le prime hanno capolini con brattee terminanti con una spina più o meno robusta, le inermi hanno invece brattee mutiche o mucronate.
In base al colore del capolino, il carciofo si distingue fra varietà violette e verdi: in base al comportamento nel ciclo fenologico infine si distingue fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili, le prime si prestano alla forzatura in quanto possono produrre capolini nel periodo autunnale e una coda di produzione nel periodo primaverile, le seconde sono adatte alla coltura non forzata in quanto producono capolini solo dopo la fine dell'inverno.
Ecco perché il carciofo è presente sulle nostre tavole per tutto l’inverno e permette anche di cucinare piatti tipici del periodo primaverile tanto che alcune ricette pasquali prevedono la loro presenza, prime tra tutte la torta Pasqualina, uno vero caposaldo della tradizione gastronomica ligure.
Fra le varietà più famose si annoverano il "Paestum" (carciofo IGP proveniente dall'omonima città della magna grecia di Capaccio-Paestum), Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d'Albenga), il Catanese, il Verde di Palermo, la Mammola verde, il Romanesco, il Violetto di Toscana, il Precoce di Chioggia, il Violetto di Provenza, il violetto di Niscemi. Le varietà di maggiore diffusione in passato erano il Catanese, lo Spinoso sardo e il Violetto di Provenza, fra i tipi autunnali forzati, e il Romanesco e il Violetto di Toscana fra quelli primaverili non forzati.
Da non dimenticare infine il carciofo empolese, di colore verde intenso, tendente al violaceo, con una consistenza tenera e compatta e il suo gusto molto delicato. Le caratteristiche principali sono che non presenta spine e che si produce da aprile a giugno, oltre alla colorazione e soprattutto alla sua consistenza: si parla infatti di "mamme" perché le forme ricordano un seno femminile.


10/12 carciofi
300 gr di ricotta
2 uova
1 confezione di pasta sfoglia
parmigiano
3 cucchiai di olio di oliva
 1 limone
1 confezione di pasta sfoglia
burro
farina
sale q.b.

  • pulire i carciofi e lavarli in acqua acidulata con il succo di un limone,

  • tagliare i carciofi a spicchi, cuocere in un padella antiaderente con l'olio,
  • sbattere le uova e aggiungere la ricotta,

  • quando i carciofi saranno cotti, tritarli grossolanamente, 

  • aggiungerli al composto di uova e ricotta insieme ad una manciata di parmigiano grattugiato,
  • stendere la pasta sfoglia,
  • foderare una teglia precedentemente imburrata e infarinata,
  • mettere il ripieno,
  • formare con i ritagli di pasta sfoglia delle strisce di 2/3 cm e disporle a grata, ripiegare il bordo della pasta,

  • cuocere in forno caldo a 200° per circa un'ora,
  • servire tiepida. 





con questa ricetta partecipo al contest di " Torta salata...I love you!!!" di " Cucina deliziosa"






domenica 14 novembre 2010

arista al latte

L'arista è uno dei piatti forti della cucina toscana che viene cucinata soprattutto al forno, insaporita con un trito di salvia, rosmarino, aglio, sale e pepe nero, il tutto usato in modo più che generoso.
La ricetta che ho preparato oggi non è quella classica toscana,  apparentemente di sapore meno robusto, ma che risulta comunque di un  gusto  deciso.
Una piccola curiosità, perché non so se tutti conoscono l'origine del termine "arista" :
 la leggenda vuole che questo termine sia nato a Firenze nel 1439, durante il concilio ecumenico della Chiesa romana e greca, voluto da Cosimo il Vecchio nella sua città. Durante un banchetto infatti, pare che il cardinale greco Bessarione dopo aver assaggiato un arrosto abbia esclamato: "Aristos!" ( "il migliore" in greco).
 I fiorentini presenti credettero che quel nome indicasse uno specifico pezzo di carne e, trovandolo simpatico, lo ripeterono così tanto che la lombata di maiale fu poi appellata col termine di arista. A onore del vero esiste tuttavia un documento del 1287 di Franco Sacchetti, novelliere di fine '300, che in una novella parla di "un'arista al forno".

1.200 kg  di arista di maiale
0.500 l di vino bianco
1 l di latte
4 cucchiai di olio di oliva
1 ciuffo di salvia
2 spicchi di aglio
1 grossa cipolla
1 foglia alloro
1 costa di sedano
1 carota
 sale e pepe

  • sbucciare e lavare tutte le verdura,
  • legare l'arista con lo spago da cucina,
  • metterla in una terrina con tutte le verdure  e il vino bianco,
                                              
  • coprire e fare marinare in frigo per 24 ore,
  • sgocciolare e asciugare l'arista,
                                              
  • filtrare il liquido della marinata,
                                                   
  • fare scaldare l'olio in un tegame,
  • adagiare l'arista, salare e pepare, 
                                            
  •  cuocere a fuoco basso per circa due ore, alternando un mestolo di marinata,  con uno di latte,
                                           
                                        
                                            


  • a cottura ultimata, sgocciolare l'arista e tagliarla a fette,
  • fare ridurre il fondo di cottura e passare al setaccio,

  • servire le fette di arista con la salsa e con un contorno di patate arrosto e/o verdure varie.




 



sabato 13 novembre 2010

bavarese di vaniglia

E sì, la bavarese è proprio uno dei miei dolci al cucchiaio preferiti: questa alla vaniglia poi è molto versatile perché può essere accompagnata con qualsiasi salsa dolce, dal semplice cioccolato fuso, ai frutti di bosco oppure decorata con frutta fresca. In questo caso ho preparato le bavaresi usando dei piccoli stampi e li ho decorati con cioccolato e agrumi oltre che con grani di melagrano.


250 ml di latte
60 gr di zucchero
4 tuorli
15 gr di gelatina in fogli
300 ml di panna da montare
1 baccello di vaniglia
1 bustina di vanillina 
  • fare ammorbidire la gelatina in una ciotola d'acqua fredda,
  • portare ad ebollizione il latte con il baccello di vaniglia,
  • lavorare i tuorli con lo zucchero e la vanillina, mescolando fino ad avere un composto omogeneo,
  • unire poco alla volta il latte filtrato,
  • porre il composto sul fuoco e scaldare sino quasi a portarlo ad ebollizione,
  •  togliere dal fuoco e aggiungere la gelatina,
  • fare raffreddare,
  • montare la panna e incorporarla al composto, poco alla volta, con movimenti dal basso all'alto e viceversa, per evitare che si smonti,
                                                    
  •  mettere il composto in piccole forme, porle in freezer per circa 2 ore,
  • per togliere le bavaresi dagli stampi aiutarsi con uno strofinaccio inumidito con acqua calda,
                                                          
  • decorare a piacere.









con questa ricetta partecipo al contest " Sweet moments" di "Il gattoghiotto"