lunedì 27 dicembre 2010

Cantuccini o biscotti di Prato

Come è inevitabile, per chi ama  cucinare ed ha un blog di cucina, viene naturale ad ogni ricorrenza fare dono dei propri prodotti siano essi dolci o salati.
Per il Natale, appena trascorso, ho pensato di ringraziare chi collabora con me, con un piccolo dono: cosa c'é di meglio se non coniugare il piacere di cucinare  preparando  una ricetta tipica toscana, assai apprezzata a Prato, città in cui svolgo la mia attività lavorativa.
Come avrete capito si tratta dei Cantuccini o Biscotti di Prato
I Cantuccini o cantucci, chiamati anche Biscotti di Prato , sono uno dei maggiori vanti dolciari della Toscana. Sono biscotti secchi ottenuti tagliando a fette il filoncino di pasta ancora caldo.
La prima ricetta documentata di questo dolce vecchio di secoli è un manoscritto, conservato nell'archivio di stato di Prato, di Amadio Baldanzi, un erudito pratese del XVIII secolo. In questo documento i biscotti vengono detti alla genovese.
La ricetta fu poi ripresa, tra gli altri, dal pasticciere Antonio Mattei ( detto Mattonella) qui nel XIX secolo, che li portò all'esposizione universale di Parigi del 1867, vincendo una menzione speciale.
Ardengo Soffici, uno dei massimi esponenti del Futurismo, che ha vissuto sino alla sua morte a Poggio a Caiano (PO) descrive i "Cantuccini" in questo modo "....per non imbrogliarsi mettevano in tavola il rituale vassoio di latta a fiorami, sopravi la bottiglia del Marsala o del Vinsanto e i bicchieri per tutti, e il solito piatto di biscottini di Mattonella, che erano la famosa specialità pratese...".
L'impasto è composto da farina, zucchero, uova, mandorle, burro . Le mandorle non vengono né tostate né spellate.
Come dessert, vengono solitamente abbinati ad una bottiglia di vin santo toscano.
Il vin santo (o vinsanto) è un tipo di vino da dessert. Questo vino tradizionale toscano ed umbro è fatto con uva di tipo Trebbiano e Malvasia. Spesso si tratta di un vino dolce. Può essere anche prodotto con uve Sangiovese e in questo caso si parla di vinsanto occhio di pernice.

Ci sono varie teorie sull'origine di questo nome.
Una versione da Siena parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che era comunemente usato dai confratelli per celebrare messa; subito si diffuse la convinzione che tale vino avesse proprietà miracolose, portandogli l'epiteto santo.
Un'altra versione viene da Firenze: durante il Concilio di Firenze del 1439, il metropolita greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava bevendo il vin pretto: "Questo è il vino di Xantos!", forse riferendosi ad un certo vino passito greco (un vino fatto con uva sultanina pressata) di Santorini. I suoi commensali, che avevano confuso la parola "Xantos" con 'santos', credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità degne di essere definite "sante". In ogni caso, da quel momento il vin pretto fu chiamato Vin Santo. Una variante della storia narra che egli abbia usato la parola Xanthos (in greco ξάνθος significa giallo) mentre parlava del vino.
La origine meno romantica ma probabilmente più verosimile è l'associazione di questo vino con il suo uso comune durante la messa.
Tradizionalmente il Vinsanto veniva prodotto raccogliendo i migliori grappoli (vendemmia "per scelti") e quindi appassendoli in modo deciso coricandoli su stuoie o appendendoli a ganci (tradizionalmente le uve venivano stuoiate o appese in periodi di luna calante, o dura, con la convinzione di evitare così che marcissero). Ad appassimento avvenuto le uve venivano pigiate ed il mosto (con o senza vinacce dipendendo dalla tradizione seguita) veniva trasferito in caratelli di legni vari e di dimensione variabile (in genere tra 15 e 50 litri) da cui era stato appena tolto il vinsanto delle produzione precedente. Durante questa operazione si prendeva cura che la feccia della passata produzione non uscisse dal caratello in quanto la si credeva responsabile della buona riuscita del vinsanto stesso, tanto da chiamarla madre del vinsanto. I caratelli erano sigillati ed in genere dislocati nella soffitta delle villa padronale o comunque in un sottotetto in quanto si riteneva che le forti escursioni termiche estate-inverno giovassero alla fermentazione e/o ai sentori del vino. Generalmente si riteneva che tre anni di fermentazione/invecchiamento fossero sufficienti per la produzione di un buon vinsanto anche se alcuni produttori lo invecchiavano (e lo invecchiano tuttora) per più di dieci anni.





300 gr di farina ( 30% di frumina 70 % farina di grano tenero 0)
200 gr di zucchero
un po' di burro
100 gr di mandorle non spellate
sale 1/2 bustina di lievito per dolci
3 uova ( 2 rossi +1 intero)

  • fondere il burro,


  • unire le uova alla zucchero amalgamendole bene,
  • aggiungere il burro fuso,


  • la farina, un pizzico di sale e il lievito,


  • unire infine le mandorle,


  • dividere l'impasto  e formare dei filoncini lunghi e non molto spessi,
  • adagiarli sulla placca del forno precedentemente ricoperta di carta da forno,

    
    
  • cuocere in forno, preriscaldato a 180° , per circa 30 minuti,
  • togliare dal forno i biscotti, tagliarli ancora caldi dello spessore desiderato,

  • Servire accompagnati da vino liquoroso preferibilmente vinsanto.






con questa ricetta partecipo al contest "Biscotto impacchettato.....successo assicurato" 
de " La cucina di Chiara"


con questa ricetta partecipo al contest " La Toscana nel Piatto" di " Pan di ramerino"


5 commenti:

  1. Grazie della storia e della ricetta.....ti sono riusciti benissimo.....beato chi li ha ricevuti....

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  2. Che belli questi cantucci...copio la ricetta e li provo al più presto!
    Auguri di buone feste.

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  3. Ciao Simonetta, ormai sono tutti cantucci anche se credo che l'aggiunta del burro nei veri cantuccini proprio non ci sia,con il burro ne viene fuori una versione ingentilita sicuramente buona ma pur sempre un po' travisata non è una polemica con te, ma l'ho scritto anche nell'ultimo mio post dove ho proposto la ricetta dei cantucci di Montersino con decisamente troppo burro.
    Ti saluto e ti abbraccio fortissimo, ho molto apprezzato le tue parole nei giorni indietro quelli che voglio dimenticare.

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  4. Scusami ma le uova? 2 rossi + un tuorlo fa 3 rossi o 3 tuorli, intendevi dire forse 1 uovo intero o un albume?
    Ciao Terenzio

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